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Società del Narcisismo Radicale #1

05.12.2022
È vero, abbiamo sempre avuto a cuore la nostra ipocrisia; la imputiamo agli altri, anche se ne siamo ipocritamente portatori sani.
Facciamo cose, ma diciamo l'inverso. E ciò ci va sempre bene. E ciò ci aggrada.
Da veri ipocriti, senza alcun rimorso. E perché dovremmo averne in fondo? L'ipocrisia è un mestiere creativo: inventare ogni giorno nuovi modi e modelli di avere ragione. Di averla vinta. Di farla franca. Ne sono di testimonianza certi maestri fanfaroni, certi fenomeni da baraccone a livello paranormale, che appaiono nei media e nei talk-show, la cui unica maestria è vendere se stessi, che poi neanche è un sé autentico, bensì uno falso. Fenomeni attoriali di settore: Niente a che fare con i grandi interpreti, codesti criminali li superano di gran lunga in genio e creatività, un po' meno in scuola. E praticano l'arte mistificata del sofista, quanto del banditore e del giullare. Fanno arte della propria persona, e Dio solo sa quanti anni di analisi sono poi necessari, a non smarrire se stessi in questo Caos. Plasmano la loro stessa posa, persona, carattere ed emozione, come se si trattasse di una puntata di dramma per TV, in cui il copione non è scritto, e il personaggio sono loro. O chi in qualche modo, ipocritamente rappresentano.
Ma cosa vediamo noi in queste menti criminali, che attentano a se stessi, tutto in vista di compenso? Cosa gingilla in noi, cosa sfrucuglia e carezza?
Molteplici, comunque parziali sono tutte le risposte.
Salta all'occhio un fatto: queste creature criminali, sono i nostri nuovi idoli. Li adoriamo per fatti sconosciuti, ma comunque li adoriamo. Sia perché hanno ciò che non abbiamo, sono ciò che non riusciamo, sono dove non riusciamo ad arrivare: loro sono, noi non siamo. E che quell'essere lì, sia solo una pura ipocrisia, in questa cultura della facciata, poco importa. Loro, ce l'hanno fatta.
Perché tutto è in una chiave di dialettica hegeliana servo-padrone, ma questa volta è perdente-vittorioso. Tutti e due assoggettati a questa società del performante, uno schiacciato dall'invidia, l'altro dalla paura di perdere ciò che ha, e ossessionato dall'ottenere sempre più, si ritrovano in fondo tutti e due perdenti, su una scala discendente di sconfitta. Al cui apice c'è un Dio, l'assoluta perfezione. Questo ingarellarsi con lui, averlo come obiettivo è non come limite trascendente, è un fenomeno nuovo e molto buffo. In questa società del narcisismo radicale, se così possiamo dirla, ciò che conta è la nostra immagine, non più a chi o cosa rimanda. Ma il motivo per cui un uomo di successo, un calciatore o un attore non sarà mai Dio, è che Dio non è un'immagine, è un Essenza. In quanto tale la si è, non la si sembra. A patto che si riesca ad essere Dio, non lo si fa con l'ipocrisia. Ma l'ipocrisia è più semplice. Non costringe mai nessuno a scendere a patti con le proprie parti fragili. Il proprio inferno.
Sia che vinciamo la scalata, verso (l'immagine di) Dio, sia che per maggioranza ci scanniamo nei bassifondi reali e psichici per essa senza mai ottenerla; comunque abbiamo a cuore questo falso cuore falso. E ce lo coccoliamo, perché è l'unico infondo, che ci perdona, la nostra ipocrisia. A cui non noi, ma il mondo, ci ha costretti.
#aforismi

iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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