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L'Autore Anonimo: Un Pensiero Sull'Anonimia

13.04.2023
Quante volte su quelle antologie scolastiche che vivono stipate di propria vita oramai negli armadi polverosi e bui, e che sono compagne di gioco di tarli e pesciolini d'argento, abbiamo inceduto e lì trovato curiosi strani nomi di autori latini o inglesi, classici o folkloristici che fossero.
Tra questi c'è n'è uno, il cui mistero rinomato, spesso mi ha dato da pensare, essendo uno dei più letti: l'Anonimo.
Battute di spirito a parte, ricordo che questo gruppo di autori di cui il nome e l'identità è sconosciuta, mi ha sempre affascinato d'un fascino anomalo. Cosa o chi sono è presto detto; ed è forse la cosa più ovvia e banale sull'argomento. Quello che invece intriga è la potenza dell'anonimo; cioè il grande potere che questo fatto fortuito della storia ha sull'esperienza che noi abbiamo della lettura. Il fatto di non conoscere affatto la personalità, la storia, la vita o i pensieri di un autore, altrimenti da ciò che egli ha scritto in vita, è qualcosa di estremamente importante per riuscire a capire le differenze tra autore e opera.
Spesso noi penetriamo in un'opera dalla prospettiva della biografia dell'autore. Anzi spesso i dati anagrafici e biografici sono centrali nello studio delle lettere: le antologie scolastiche sono divise per autore, e solo come macro categorie ci sono genere e periodo storico. Nella letteratura moderna si studiano degli autori, di cui poi si studiano opere. Ciò non è considerabile a prescindere un bene oppure un male, ma una scelta di strutturare la cultura ed il suo studio.
È l'Anonimo, che ci sovverte tutto, e ribalta il paradigma.
Con lui non solo non è possibile sapere chi è l'autore, ma non è possibile neanche inserire il libro nella struttura periodo → genere → autore → opera, che già abbiamo evidenziato. Spesso appunto si ricorre per opere di evidente importanza alla dicitura "Anonimo", con magari una breve biografia indicante l'incertezza attribuzione e qualche breve cenno storico sull'opera trattata.
Oppure come fanno in biblioteca, dove mettono il nome del libro come nome dell'autore anonimo.
Dunque il lettore, a questo punto, necessita di entrare in diretto contatto con l'opera senza mediazione alcuna di storie o fantasie sotto la dicitura di possibili implicazioni con una biografia autoriale.
Il lettore è solo, a contatto con lo scritto. Essere a contatto con lo scritto ce ne fa assaporare la purezza: spesso si dice che un autore, uno scrittore, non possa poi necessariamente testare e valutare i propri scritti da solo, ma ha sempre bisogno di qualcun altro che glieli lega e lo aiuti o lo consigli. Questo perché l'autore non può avere un contatto diretto e scevro di pregiudizi, preconcetti o pensieri con la sua opera. Ed è il motivo per cui spesso si ha bisogno di un aiuto esterno da parte dell'editor della casa editrice – per riuscire a detta loro, ad aiutare l'autore a tirare fuori il suo massimo potenziale dal suo libro o da se stesso.
Ma il fatto chiave che qui ci interessa, è questo contatto diretto con l'anonimo. Egli è l'espediente perfetto per ribaltare il concerto autore → opera; anche e soprattutto, in senso etico.
Perché scriviamo? In quanti riuscirebbero a lasciare il proprio scritto nelle mani di un altro, e "andare via", come diceva il vecchio G.G. (Giorgio Gaber). In quanti rinuncerebbero al nome, al compenso o comunque al ringraziamento sul proprio scritto edito, e scriverebbero solo ed esclusivamente per la gioia di scrivere.
Avendo fatto (o provato a fare) il ghost writer, questa è un'esperienza che mi sta a cuore. Racconterò in separata sede la mia storia, eppure il fatto di scrivere per scrivere, per l'atto sereno di abbandonare il proprio scritto nelle mani dell'altro e andare via, mi è caro. Già prima la tentai, con un buffo esperimento sociale che non ebbe un esito, perché non fu neanche mai esperito.
Preparai una serie di testi di breve lunghezza, li arrotolai e li preparai ad essere imbucati in tutte le cassette delle lettere del quartiere. Ma fui fermato da mia madre, con la scusa che gli scritti potevano essere inviati ad autori o letti da qualcuno. Così mi privati dell'atto più "anonimo" che io abbia mai pensato: fare un regalo scritto a sconosciuti, e andare via. L'obiezione di mia madre non era poi così sbagliata, in questo mondo autoriale e avido di riconoscimento e royalties. Lei l'ha fatto per il mio futuro, ma io ho sbagliato a dare retta al mio avvenire.
Così penso agli anonimi, questi rivoluzionari pacati, che irrompono nelle case con un passo leggero di libri sfogliati, sparano null'altro che frasi rimaste nella storia per la loro potenza, e spariscono alla sera, quando la libreria riposa. Insomma quando vedo un anonimo, nei libri, penso a qualche specie di anarchico gentile, che sovverte tutto con un singolo regalo, per poi stupire tutti, e senza neanche inchino andare via.
Poi riprendo a sfogliare il libro, e gli autori si susseguono in ordinaria ordinazione, lungo capitoli e sottocategorie per nulla anarchiche o gentili. Ecco mi resta un sorta di retrogusto amaro in bocca.
– È solo il fegato… – mi dico.
– Solo il fegato…


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iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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