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Sul Fondo Di Ogni Tua Borsa

14.12.2022
La udivo parcheggiare la sua macchina in fondo al viale, e potevo sentirne i passi leggeri e dolcemente irregolari, fino a quando non arrivava fin qui.
Correvo al davanzale come un vecchio cane. E l'osservavo sbottonare la borsetta, e sbottare tutte le volte alla ricerca delle chiavi scomparse.
– Non disperare, ci sono – ripetevo nel buio.
Ed eccole apparire, fra il suo sorriso ed il mio!
Abitava accanto a me, in una casa dello stesso isolato, decisamente isolata in un quartiere al limitare della città che scivola in campagna.
Aveva un pelle cangiante e del lineamenti sottili e dolci. Un'eleganza adulta tutta persa in uno stile fanciullesco.
Io sono un uomo poco felice, diciamo.
Poco incline al positivo. Così dicono i dottori. Ho una sorta di male che mi rode dentro, che mi lascia tutte le volte spiazzato – come fa la gente a tirare avanti? – dico sempre.
Un dolore che mi lascia perduto in una piccola borsetta, ma mai ritrovato. – Come fa la gente a tirare avanti? – mi ripeto sottovoce, mentre scendo a fare la spesa.
E ripenso a quella borsetta, in cui mi sento affogato. In cui vorrei affogare, più che altro.
Chissà quante cose potrei e dovrei conoscere della donna che mi porta con sé.
Fantastico e sogno sempre delle cose che vedrei da lì, come il giorno in cui scopando col suo nuovo uomo, nell'impeto del momento, ecco che il portachiavi le scivola fuori dalla borsa e finisce sul pacco di lui, che perde l'erezione e tutto è a monte.
E quel giorno che finiscono le chiavi dentro al tubo di scarico lungo e stretto del lavandino, e nei due giorni di attesa dell'idraulico, tenere la porta aperta di nascosto è d'obbligo, altrimenti non si entra mai più in casa. Quel giorno che s'è sciolto il cioccolato e ha dovuto lavare tutto, qui dentro la sua borsa!
E quando è che sono finiti i fazzoletti, qui dentro, a forza di lacrime? Non lo ricordo ma sicuramente è stato un fatto assai importante. Quante cose saprei della donna di cui so meno di niente.
Quante volte desidero essere sul fondo di ogni tua borsa.
E adesso che mi trovo qui, la casa buia non è per distrazione. È che le luci non le accendo proprio. Io sono malato da una vita, non c'è poi differenza fra la vita e il male stesso, ormai. Spiegare perché soffro, farebbe solo di me un saputello di me stesso: io non so niente, e questo non è un dubbio socratico.
Ora oltre che ignorante mi sento anche inesistente: perché lei deve credere che in questa casa non abita nessuno. Un nessuno così interessato a lei. Un nessun sul limitare dell'abisso.
Mi domando poi se lei possa salvarmi o no, in verità. E così, spesso mi domando in fondo se voglio essere salvato, o in effetti no.
– Che fare dunque? – mi domando nella sera che mi sprofonda addosso. Che mi precipita dal cielo, e Dio fa male.

– Mi hanno svegliato le ambulanze – dice la ragazza agli inquirenti. È stralunata, e ancora per un quarto nei suoi sogni.
– Non so neanche cosa sia successo… – riporta all'ispettore, e si aggiusta la spallina che lascia ancora scoperta parte della spalla e del seno al freddo inverno.
Si veste in fretta, dopo un doccia frenetica e poco rilassante.
Sulla strada del lavoro vede i sigilli sulla porta del vicino deceduto.
E non riesce a non frugare nella borsa, alla ricerca di un ultimo fazzoletto per contenere delle lacrime inaspettate Lì trova un piccolo ciondolo con una ancor più piccola foto. Quella foto non è di lei. È una foto antica, una foto di ragazzo. Chi è? Anzi no, sembra proprio il vicino da bambino. Ha un sorriso sereno e puro.
Sembra proprio una persona felice.
– Lo era? Lo sarà, ora? – si domanda la ragazza ogni volta che, da allora, vede quella foto in quel ciondolo, sul fondo della sua borsa preferita.

#racconti

iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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