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Diradarsi Nel Pianto

17.12.2022
Erano un paio di mattine che il sole tardava a salire l'orizzonte, come uno scalatore oramai troppo anziano, per un mestiere troppo ingrato.
Eppure ogni mattina, Maurizio era in piedi dalle quattro, e le finestre senza tapparelle filtravano un luce indiretta e sbirciata, attraverso i vetri.
No, non era un fenomeno fantastico, sapeva bene lui, che si alzava e guardava quel accadimento reale, fin troppo pragmatico, con un misto di tristezza e rassegnazione.
Il gigantesco costrutto che svettava verso il cielo difronte alla sua casa, era un palazzo enorme d'una società a chissà quale scopo. Saliva verso il cielo, oscurava sole e luna, e forniva una triste allegoria d'una vita contemporanea.
Maurizio era anziano, o così si definiva, e non aveva neanche più il rimpianto di non essere più un giovane. Non aveva rimorsi. No, dalla vita aveva preso quello che poteva, senza fare male a nessuno, o quantomeno, così aveva provato a fare. Aveva un caro cane. Un pastore tedesco, innocente e melanconico, suo fidato consigliere. Si intratteneva con lui, in profonde dissertazioni, e Giò, il cane, l'ascoltava vigile ma sonnolento.
Il palazzo sarebbe stato inaugurato il giorno seguente, e tutto quel trambusto, insieme alla sua speranza di vedere il sole, sarebbe giunto a termine.
Sua moglie Carla, camminava piano piano nel corridoio, ripetendosi frasi sue, che non potremo mai capire.
– Carla, le medicine! – urlò Maurizio, in tono fermo e dolce.
– Sì – disse Carla piano.
Maurizio si soffermò a osservarla, con la tenerezza che lo legava a quella donna. Una creatura dolce, lenta e priva di male. Strascicava i piedi e curva, beveva medicine e acqua con una modalità e dei gesti propri solo dei bambini.
Maurizio sapeva, era l'Alzheimer a renderla così. Eppure non riusciva a non provare un senso di profonda meraviglia in tutto questo.
Carla andò alla finestra e disse – è notte?
– No amore, è il palazzo che ci copre il sole – le rispose.
La vide andare verso la cucina, poi tornare indietro in camera da letto e sparire lì.
Fu all'ora di pranzo, che la trovò a dormire. La svegliò e le disse – È pronto amore, si mangia.
– No, – rispose lei – è notte!
Combatté tutto il giorno ma la trovava in continuazione a svolgere attività notturne o a dormire nei più diversi posti.
La mattina del giorno seguente, provò a svegliarla ancora, un poco irritato.
Ma lei indugiava nel sonno. Si ribellava alla sveglia. Dopo qualche minuto però, Maurizio dovette arrendersi al fatto che la vita lì aveva fatto il suo corso. La prese in braccio, leggera com'era, e camminò fino alla porta, poi la strada, infine il palazzo. Scansò le persone accorse all'inaugurazione del grattacielo e lo circumnavigò, fino a vedere il sole.
Adagiò Carla su un piccolo prato, sicuro che lì, sotto il sole, si sarebbe svegliata.
Era giorno infondo, si disse.
– Sveglia – ripeté molte volte. Poi, infine, si arrese.
Da quel giorno il suo sonno fu tremendamente agitato, la luce di casa sempre accesa, di notte e di giorno. E il cane che non dormiva con lui, cercava di vegliare la sua vedovanza.
Un giorno la luce andò via nel palazzo, che fu svegliato dalle urla di terrore di un uomo al piano di sotto.
Deve essere il povero Maurizio… – disse un inquilino alla moglie.
Sì fermarono un poco, ad osservare la luce che pian piano tornava, e le urla, piano piano diradarsi nel pianto.
– Buonanotte – sussurrò lui alla fine; a Maurizio, a Carla, a sua moglie e al mondo.
Lì fu vinto da un sonno che non fu dei più lieti.
Mentre già albeggiava, d'una luce indiretta.


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iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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