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Il Nonno Satanico

21.12.2022
Nel mese di maggio, di questo stesso anno accademico, io e due ragazzi di Boston ci siamo prefissi di divertirci un pochino. La vacanza era alle porte, e il tempo di organizzare il tutto era così scarso che io, Tom e Rick, riuscimmo a preparare qualcosa veramente per caso, in maniera del tutto fortuita. Studiavamo tutti quanti al college, e portavamo le divise tutto l’anno fuori e dentro la classe.
Ma per un po', mio padre ci avrebbe accordato la macchina, e avremmo potuto tornare ad indossare per un paio di giorni le nostre t-shirt. Avevamo anche una casa, fra la fortuna ed il tragico, che mio nonno materno mi aveva lasciato in un viottolo strambo della periferia di New York. Era una persona di cui si parlava in famiglia con toni diversi a seconda della presenza, o meno, di mamma. Lei lo definiva un genio incompreso; mio padre, invece, diceva di lui nient’altro che un pazzo.
Comunque, io stavo sorseggiando un birra, come una bambino farebbe con il latte materno, quando salimmo le scale a chiocciola verso l’attico del nonno. Era un posto polveroso e poco sano, nettamente insalubre, ma appartato.
Girammo la chiave a vuoto, poi alla fine qualcosa si sbloccò con un gran fracasso. La porta si aprì, dietro un polverone. Si spalancò così la luce in un piccolo attico zeppo di libri e fogli. Riuscimmo a tirare su le tapparelle senza rompere nulla, e fu già qualcosa. Non avevamo torce con noi, e tutti quei libri in giro, ricoperti da centinaia di fogli bianchi vergati a mano, lasciavano pendere l’ago della bilancia verso l’interpretazione di nostro padre. Ecco, c’era una sua foto, qui dietro il divano. Era un uomo buffo, capelli lunghetti, e barba lunga anch’essa. Due occhiali tondi montatura nera e una forte scoliosi, che lo faceva pendere da un lato.
Rick mi chiese – è lui?
– Sì – gli risposi io, mentre continuavo a guardarlo fisso.
– Ha avuto un gran da fare qui! – disse Tom – Non mi stupirei di incespicare in qualcosa di poco pulito.
– Tom! – lo redarguì Rick – Era suo nonno, su! Non fare il cretino…
– A proposito sai a cosa lavorava, Jack? – chiese Tom, sprofondando nel divano come un re sul suo trono.
– No – gli risposi e spiegai, che per quanto ne sapevo lui era una specie di ricercatore, uno completo, di scienza e di lettere insieme. Ma questo, tutto a detta di mia madre.
Io non so se era un genio o un pazzo – disse Rick – ma se mi permetti, credo che la metà dei libri che ci sono qui ci siano sconosciuti anche solo per il nome della casa editrice, figuriamoci degli autori. Devono essere libri molto tecnici…
– Anche molto costosi – disse Tom girando una moneta fantasma fra le dita e sorridendo un poco.
– Potremmo tornarcene milionari – rise, ma fu subito ripreso.
Così decidemmo di uscire, di fare un giro in centro e di vedere un po' i negozi di New York. Torniamo poco dopo, troppo eccitati, in fondo: volevamo sapere, cosa c’era sotto…
Dividemmo, dopo un po’ di tempo, i libri in gruppi sparsi, e li mettemmo a terra.
Cominciammo a catalogarli come meglio potevamo, basandoci su quanto (poco) il college ci aveva insegnato. Esoterismo qui, lì chimica e fisica, sul divano lettere e poesia antica. Molti libri rari, poco da tirarne fuori. Se mio nonno in fondo avesse letto e catalogato questo, era forse veramente un genio? E cosa, soprattutto, potevamo noi farne di tutto questo tesoro? La proposta di Tom, alla fine di un giorno di lavoro, ebbe la meglio sulla nostra sfida. Il circolo dei libri usati, era posto giusto e ci andammo subito prima che chiudesse. Era stranamente in un garage opaco, illuminato da luci al neon leggermente verdi, puzza di muffa e freddo. Un luogo adatto agli alcolisti anonimi, poco a libri usati e alla loro conservazione.
C’era un uomo alto poco meno di noi, ma di un’età indefinita tra la morte prossima e l’età adulta. Capelli gialli, non biondi. Muffi un po’ come tutto qua giù, sotto queste luci.
Quell'uomo ci avvicinò e ci chiese se avevamo qualcosa da presentargli.
– Abbiamo un po’ di libri – raccontammo all’uomo – ma non sappiamo di cosa trattano.
– Fate vedere… – disse, e poco dopo rise e ci chiese – Ma voi dormite… con questi libri in casa?
– Sì – gli rispondemmo e accennammo ad un sorrisetto interdetto.
– Arrivederci – se ne andò lui, aggiungendo – buttateli, non hanno mercato. Portano più rogne che altro.
Facemmo il percorso a ritroso, verso casa di nonno, con in cuore l'angoscia e una serie di dubbi sensati. Nonno forse era un mago, un satanista o chissà quale strana persona? Erano libri così veramente “proibiti”, o ci avevano soltanto tirato uno scherzo? Alla fine comunque decidemmo di non tornare a casa alla fine del weekend. Saremmo rimasti da nonno e avremmo scoperto se ci avevano tirato uno scherzo oppure no.
Cominciammo a leggere la sua grafia elegante. Niente che ci si aspetterebbe da un pazzo. Linee fresche, sottili e precise, anche nei disegni e nelle frecce che riportavano a delle note sui margini. Il contenuto era strano, parlava di cose a noi così distanti sia nella lingua che nei concetti. Sette corpi diversi, due tipi di anime, sfere celesti e calcoli astronomici…
Forse mio nonno era davvero un esoterista “maledetto”? E gli scritti sui fogli, cosa volevano dimostrare, di fatto? Tom sosteneva che la figura principale dello scritto fosse mio nonno Mark, e un suo accrescimento di “potenza spirituale”. Si vantava di quella frase da lui appena creata, e cercava di inserirla ovunque, in ogni frase possibile.
Rick diceva che era tutta una faccenda diversa, e che il centro di tutto era l'evocazione della Dea Sarah, figura femminile archetipica da lui individuata in numerosi scritti e pagine, sempre a fianco a divinità come Ade, oppure Osiride. Sembrava essere una dea dell’oltretomba trans-civiltà, rintracciabile in tutte le culture ed i luoghi del mondo.
Così anche lui si voleva imporre, e io lasciavo fare: non avevo idea di cosa c’era scritto in questi fogli strani. Mi davano solo tanta tristezza e dolore, mio nonno era un pazzo, solo un pazzo, mi ripetevo dentro. Mi dispiaceva per lui.
Così, anche se avevo detto che non l’avrei fatto, chiamai mia madre e le chiesi di nonno.
– Mamma, parlami di nonno Mark… – le dissi che già le luci erano alte su brooklyn.
Mamma era un po’ sulle sue, improvvisamente.
– Perchè questa domanda – mi chiese alla fine.
– Hai trovato qualcosa, in casa?
– No – le risposi, e lei sembrò sollevata.
Poi capì, e disse – Non mi mentire, hai trovato qualcosa?
– Ci sono dei fogli, parlano di nonno Mark e della Dea Sarah e tante altre cose da… pazzoide – dissi, ma poi chiesi scusa.
– No, hai ragione…
– Devi sapere che nonno, era uno schizofrenico grave… – mi disse, e cominciò a raccontare, tra una pausa e un silenzio.
Era il 1918 e mio nonno era adolescente quando ebbe la sua prima visione mistica, mi raccontò mamma. Cominciava con piccole voci straniere che gli brulicavano dentro le orecchie, ma piano piano diventavano oggetti, persone e creature. Mio nonno si è fatto più di una vacanza in ricovero, ed è tornato sempre a casa, ma mai guarito. Durante i suoi periodi di salute, mio nonno era uomo colto e brillante, ma il tutto finiva in follia, come quell’ultima volta.
– Che intendi? – le chiesi turbato.
– Hai presente la Dea Sarah, che mi hai indicato? – mi chiese.
– Lei era sua moglie, mia madre…
– In uno degli ultimi eccessi di follia di tuo nonno, mamma Sarah lo lasciò per cercare di smuoverlo. Ciò ha peggiorato il suo stato mentale. Quello che hai letto sul foglio è il suo ultimo tentativo di riconquistarla, o così mi hanno detto. Da lì a poco tuo nonno, si è dato la morte…
Ci fu un breve silenzio, ma le richieste insistenti dei ragazzi di fuori, desiderosi del bagno, mi spinsero ad aprire.
Mi trovarono lì dietro la porta, con la faccia bianca come la luna d’agosto.
Che proprio in quei giorni calava, sulle case dei vivi e le tombe dei morti.
Pochi giorni dopo, ero pieno di sudore e acido lattico, correvo come un pazzo, veloce mentre gli altri mi dicevano – Vai piano Jack! Vai piano, c’è tempo, c'è tempo!
– L’ho trovato! – gli dissi – ho trovato mio nonno!
Mi raggiunsero e videro, un croce marmo già incrostata di muschio.
La pulimmo pian piano, fino alla fine del giorno. Ci sedemmo stremati, con la testa poggiata alla croce, e io girai la testa a guardare il suo epitaffio.
Cantammo una canzone d’addio, aprendoci più di una birra per uno, alla fine.
Ne aprimmo una anche per nonno Mark, mentre il sole ormai era già al suo crepuscolo.
Dissi alla croce all’orecchio, – Sarah ti ha perdonato, me l'ha detto la mamma! – e sorrisi.
Poi ci allontanammo lesti e veloci, lungo il sentiero, esattamente come avrebbe fatto il vento o l'acqua di un fiume.
Con le nostre tortuose vite di persone drammaticamente ordinarie, eppure così semplici, così vere, accompagnate quest'oggi anche e forse, da un condimento aspro e agrodolce.
Ci faceva, questa sera, perdonati anche a noi, ci assolveva da qualcosa, ci lasciava sereni di vivere.
Come quando succede, che raramente piove ad agosto fra intervalli di caldo, e la terra profuma così forte, così vera, di vita.

#racconti

iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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