#aforismi #racconti #libri #hacking #diario

Da ChatGPT a Nietzsche, per smettere di essere Dio

14.04.2023
Lessi per la prima volta nei lontani anni duemila di quella (all’ora) strana cosa che erano le reti neurali. Stavo sfogliando un libro in PDF, un po’ datato (è vero), sul linguaggio di programmazione C. Nell’appendice a quel volume, che mi aveva lasciato decisamente indifferente (e un po' annoiato), potei leggere di queste cose che oggi paiono imprescindibili, anche alla casalinga di voghera. Dico “annoiato” in un senso non del tutto ostile: erano per me i tempi delle interfacce grafiche, degli aspetti visibili della programmazione; e per questo lontano dagli aspetti teorici, a cui sarei arrivato in seguito. Ma erano quelli gli albori delle reti neurali? Probabilmente no, erano cominciate un poco prima, ma era comunque prima degli algoritmi di Facebook, delle AI e di ChatGPT (soprattutto) [Per chi non conoscesse, qui] Giunsi alla fine ancora affamato, e mi si parò davanti questo mondo che io non avevo mai considerato possibile. Eppure anni più tardi, ricordo di essere stato ad una conferenza su Alan Turing a Roma. Appassionato, il relatore rispondeva ad una serie di domande; raccontando che Turing riteneva una macchina intelligente quando non poteva essere distinta, all’atto pratico, da una intelligenza umana. Il famoso “Test di Turing”, significava proprio questo: Se una macchina può far finta di essere un uomo in maniera pressoché indistinguibile da lui, ha vinto. È intelligente, punto. Nel test si posizionano, infatti, delle persone davanti a dei monitor, e tramite delle chat essi devono comunicare con computer o con persone, a turno; senza sapere se hanno l’uno o l’altro davanti. La loro impressione finale, ossia se hanno parlato con un uomo o con un computer, decide se il computer è intelligente, o meno. Qualche giorno fa un amico, credendo di cogliermi in fallo, mi parlò di ChatGPT, e mi disse: “Sembra un uomo!”. “È incredibile!” "Provalo!" Io certo, superato il mio storcere il naso cominciai a riflettere. E (anche) per questo ringrazio quell’amico. Perché come capita alle volte con le persone che amano le interfacce grafiche e ignorano altrimenti la programmazione (come ero un po’ io, da ragazzo) aveva fatto anche lui: si era solo abbandonato allo stupore. Così cominciai ad avere autentico interesse, più che per ChatGPT, per questa umanità che ne è affascinata e conturbata. Fra i complottisti della fine dell’umanità stile Terminator, alle nuove religioni che adorano i computer come “Dei” rivelati al mondo [andatevela a cercare questa], fra quelli che vedono nuove opportunità a problemi lavorativi e pratici e quelli che altrimenti vedono l’AI [Intelligenza artificiale] come una minaccia alla società sul piano socioeconomico e morale. Dilemmi etici si presentano al mondo alla nascita di nuove tecnologie, è stato così per tante cose, anzi forse per tutte. E nonostante i dilemmi siano differenti e vari, per ogni tecnologia, sembra quasi che tutti questi oggetti emanino un rumore sinistro. Sono oggetti che uccidono (tanto più sono avanzati), le nostre abilità di “fare senza”. Non è detto sia un male, ma quello che è certo, è che alla nascita di una nuove tecnologia, si modificano i vincoli intrinsechi del gioco: la vita. Ma l’uomo è un’animale dal baricentro instabile, riesce a stare dietro a cose che altre entità non riescono a gestire. In questo, ChatGPT non è vita. Se cambiassero le sue condizioni, non sarebbe in grado di "sopravvivere". I programmi, il codice, non si auto rigenera, non si adatta, non muta: è stabile. Il codice non sbaglia, e se sbaglia è perché è stato programmato erroneamente. In questo il deep learning e le AI non sono poi dissimili da vecchi algoritmi. La loro unica differenza è che vengono istruiti da dei dati, tramite training. Questi dati sono presi da circostanze reali. Eppure loro, i sistemi, non possono essere erronei. Per un computer sbagliare equivale a non funzionare: quanto può essere distante ciò dalla vita? E se anche sembrasse che questa fascinazione intramontabile di creare un proprio emulo, un io separato, un’entità figlia di un uomo Dio, possa essere un cardine stesso di questo occidente nostro, viene comunque da chiedersi: più che questo desiderio imperante, di creare al di sotto di sé, in un gioco un po’ blasfemo e un po’ narciso, cosa c’è dentro la creatura che andremo a generare? E a che ci serve poi, tutto ciò? La prima cosa che molti pensano di ChatGPT è che esso ci ruberà il lavoro, e anche da subito… …ignorando poi, che è stato creato proprio per affrancarci dal lavoro, sin dall’inizio! È ciò che noi vogliamo e volevamo, dalla scoperta del fuoco in avanti, verso il futuro: che la tecnologia e la tecnica siano affrancamento dal lavoro. E che l’uomo voglia rimanere disoccupato a godere (godere?), di esercizi della mente. Di sogni ed illusioni. Ma questo godere è misconoscenza, è errata concezione della vita, da parte del mondo occidentale. Questo occidente è un luogo della terra in cui tutte le attività manuali vengono fatte dai poveri plebei, e solo i degni "pensano" e si occupano di questioni di “pensiero”. Certo potrà sembrare una banale nietzschanata, eppure non è mai stato inutile ribadirlo: l’occidente ha un cervello ipertrofico e malato; dal corpo si affranca sempre più, sempre più dal corpo si allontana. Si aliena. Strano non è, se ad oggi compriamo strumenti ergonomici per la cucina e vibratori astrusi ed ergonomici da portarci sotto le lenzuola. Essi (entrambi) ci affrancano da ogni fatica umana. Anche il godere stesso. Anche fosse dal sesso. Come il porno che ci toglie la fatica dell'autoerotismo insito nelle fantasie, nell'eccitamento. E non è vero che la tecnologia ci protegge dalla fatica, no: la tecnologia ci protegge dal corpo. E in qualche senso dalla realtà (dura?) della vita. La tecnologia, come ChatGPT, ci protegge dalla terra. Qui la cosa strana non è ChatGPT, quindi. È strano invece, che ci sia venuto in mente di creare un creatura che ci toglie il lavoro (in senso stretto e lato), quando avremmo bisogno del contrario. Abbiamo disperato bisogno del nostro corpo. Non in un'ottica che disprezza la mente, no: in una che la integra. Ambire ad un uomo "solo cervello" è la prima imposizione di questo nostro mondo nato non da Dio, ma dal "cogito ergo sum" di Cartesiana scuola. Che si creda o no in Dio, Dio poco c'entra in tutto questo. In diretta contrapposizione con Carmelo Bene: ci serve un creatura che ci doni il lavoro. Sembra strano, ma avremmo bisogno di qualcosa da accudire, che ci faccia faticare e ci riconnetta con la terra stessa, e il corpo nostro. Sarà una nietszchanata, lo so. Ma Nietzsche lo diceva: “Divieni te stesso” … Io dunque dico, quella creatura che dobbiamo creare, altro che ChatGPT e Facebook o AI:… …siamo noi. E il motivo per cui ChatGPT non sarà mai veramente intelligente, è dunque uno solo: Non ha corpo, né sensi, né arti. È perfetta, e dove sbaglia impara sempre. Una mente amputata, e lasciata libera di produrre risposte banali e stereotipate, per quanto sorprendenti e accattivanti possano sembrare. Esse sono sempre il riciclaggio di qualcosa di prodotto da un corpo altro (umano). Idee già viste, giusto un poco riarrangiate e mescolate. Queste intelligenze artificiali possono risolvere un alto numero di compiti, è vero. Anche più velocemente degli uomini: ma compiano dal banco accanto, dove scriviamo noi. Tutti si chiedono (giustamente): eppure saranno mai capaci essi di creatività o inventiva? Di fantasia, di corpo? Di terra? Dunque… di vita vera? È una domanda che forse, sembra inutile porsi. Ma come in tutte le domande inutili, bisogna perseverare. Perché oramai, la filosofia c'è l'ha insegnato: la storia e il giustapporsi di idee senza apparente utilità; è dunque la realtà di tutti i giorni, che ve la trova, silenziosa e muta per noialtri tutti.
#aforismi

iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

Commenti:

Attenzione: i commenti sono sottoposti a moderazione, prima di essere pubblicati.