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C'è vita: L'intelligenza artificiale e la stupidità dei batteri

15.04.2023
Pare che Stephen Hawking abbia detto in una delle sue interviste che “l’intelligenza è sopravvalutata”. È una frase forte, certo, pregna di senso e degna di riflessione; e nonostante ognuno di noi possa riferirla a sé ed ai propri aspetti umani, in che relazione possiamo inserirla con l’argomento del momento: L’intelligenza Artificiale? Persone che conosco, che ignorano il funzionamento di queste ultime o le fruiscono solo da utenti finali, né rimangono stupiti e assolutamente meravigliati. Scioccati da come una macchina possa imitare un uomo così bene. Come una serie di istruzioni possano risultare in un effetto tanto realistico. E intelligente. Eppure, abbiamo detto già precedentemente come questa non possa essere considerata ai nostri occhi (per quanto lo sia per Alan Turing: qui), effettivamente viva, o intelligente. L’intelligenza è sopravvalutata... Sì, ma in che senso? E in che termini essa è in relazione con la vita? A quanto mi ricordo, questa frase di Stephen Hawking era abbinata ad un’altra buffa verità: “I batteri non sono intelligenti, eppure sono vivi (e sono dappertutto)”. Questo fatto, mi stupì non appena lo sentii e mi rimase impresso; l’intelligenza non è la sola realtà importante e necessaria per avere successo biologico (o sociale). Eppure c’è di più… Se vi capitasse di venire a conoscenza di che cosa in matematica/informatica è inteso per “automa cellulare”, probabilmente vi verrebbe in mente il “Game of Life” di Conway. Conway era un matematico che sviluppò negli anni 70 un tentativo di riproduzione della vita cellulare sotto forma di istruzioni matematiche. Con una serie di semplici comandi, Conway era convinto di poter riprodurre uno schema che rappresentasse la vita in maniera non necessariamente fedele, ma discreta. E ci riuscì, in un certo senso, dimostrando però un limite intrinseco (tra gli altri) di questo sistema. Era un sistema “deterministico”, ovverosia le condizioni iniziali determinano lo sviluppo e la fine del sistema. Due sistemi che iniziavano con un tot di cellule negli stessi stati e posizioni, si evolvono nello stesso modo, necessariamente. Questa concezione però, al di là dei suoi limiti, permetteva di elaborare all’interno dell’universo di Conway anche una sorta di metalinguaggio. Le cellule poteva organizzarsi in modo da accoppiarsi sempre negli stessi pattern, che in un certo senso potevano essere considerati organismi pluricellulari. Eppure in quale misura, queste cellule possono essere considerate vive? E in cosa consta la loro intelligenza? Le cellule di Conway apparentemente sono vive, ma anche non vive. Sono macchine, eseguono un lavoro e consumano energia. Sono un corpo umano ridotto alla bruta carne, anzi perfino solo ai suoi apparati meccanici più manifesti (ossa, muscoli e sfinteri). Domandarsi poi, se questa è vita… Certo mi si dirà che i batteri, sono solo elementi semplici senza particolare spirito o volontà. Eppure i batteri in sé, sono vivi proprio perché discernono. Non subiscono, desiderano. Si muovono verso, infettano, mangiano (certo in maniera elementare) ed evolvono. Sono un vettore direzionato verso un punto preciso. Il punto verso cui i loro desideri si concretizzano. E se i desideri dei batteri sono diversi da quelli umani, che sia un diversa complessità, o un Dio, che sceglie tutto ciò, poco importa. È il desiderio, il discernimento, la capacità di mangiare A e sputare B che ci rende vivi. E intelligenti? Noi? che abbiamo preso un 6 striminzito all’esame che una AI risolverebbe immantinente in 5 minuti? Ebbene sì, lei è una macchina. Ed è progettata per eseguire lavori meglio dei suoi creatori. Converrete che correre più veloce di una moto, fino a tagliare una carota meglio di un coltello, è quasi impossibile (dico quasi, ma intendo sempre). Le macchine sono in grado di rubarci qualsiasi lavoro (per ora) tranne la vita. E questo è un bene anche se forse non è ciò che renderebbe i nostri cuori narcisisti così fieri di noi. Perchè i computer non fanno domande. Se le fanno è perché gli viene chiesto di farle. E se gli viene chiesto le fanno, ma privi di interesse. È proprio questo interesse, questo andare verso; in una a parola “il desiderio”, a renderci creature vive e vere. E se ci domandiamo se un giorno creeremo mai una creatura veramente "viva", forse è proprio frutto di questo desiderio strano che abbiamo di sognare e di immergerci negli incubi. I robot, le macchine e le creature software sono solo (e ancora) una pallida imitazione della vita. E per questo emanano un'aura sinistra, dal momento che in fondo sono come i film horror, in cui vediamo muoversi marionette o bambole e robot. Non possiamo sperare nella loro pietà, nel loro amore e nemmeno nel loro disprezzo. Non provano e non sognano niente, e dovrebbero fare compassione, più che paura. Ma in questo senso, posso convenire che un’AI possa essere intelligente. Non che possa essere viva. E che “l'intelligenza sia sopravvalutata” ribadisco ancora una volta è una grande verità. (aggiungendo però, che lo è tanto quanto, è sottovalutato il potere del desiderio, dell’emozione e del sogno…)
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iononquadro

Sono un appasionato di scrittura e di programmazione/hacking. E sono anche un malato psichiatrico. Questo blog è un luogo di sfogo di quello che sono, e costruzione di quello che sarò. Dai un'occhiata in giro, ti piacerà!

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